ALESSIO VAILATI

POESIE LIBRI RIFLESSIONI E LETTURE

POESIA - I libri

LUCI DA ORIENTE

Nulla Die 2021

IL MOTO PERPETUO  DELL'ACQUA

Biblioteca dei Leoni 2020

LUNGO LA MURAGLIA

Bertoni Editore 2020

HIROSAKI

Lietocolle 2019

ORFEO ED EURIDICE

Puntoacapo 2018

PICCOLO CANZONIERE PRIVATO

Controluna 2018

SULLA LEMNISCATA - L'OMBRA DELLA LUCE

La Vita Felice 2017

SULLA VIA DEL LABIRINTO

L'arcolaio 2010

L'ECO DELL'ULTIMA CORDA

Lietocolle 2008

A proposito di "Il moto perpetuo dell'acqua"

L’elemento principale da cui prende avvio -e intorno a cui si sviluppa- la raccolta poetica “Il moto perpetuo dell’acqua” è, come viene immediatamente enunciato nel titolo, l’acqua con la sua fluidità, con il suo scorrere inarrestabile ma anche con la sua capacità di trattenere e riflettere luce. L’acqua è uno dei quattro elementi dell’antica filosofia greca e da sempre viene ritenuta e indicata come la condizione necessaria per l’origine della vita, tanto che Talete, a cavallo fra il VII e il VI secolo a.c., la considera l’elemento primordiale che determina la vita e a cui la vita deve necessariamente ritornare alla fine del suo ciclo. Questa idea, seppure supportata da argomentazioni sicuramente più razionali e scientifiche, è presente e viva anche ai nostri giorni. È sufficiente pensare al fatto che, nell’esplorazione dei numerosi pianeti che popolano la galassia e forse l’intero universo, la possibilità della vita è subordinata alla presenza dell’acqua.  

Dunque l’acqua come fonte dell’esistenza, della realtà stessa, come arché (origine) del mondo nelle antiche cosmogonie. Ma l’acqua con la sua capacità di scorrere, di fluire, di restare sempre fedele a se stessa e nello stesso tempo di mutare forma è anche un formidabile simbolo dello scorrere del tempo, del perenne mutarsi delle cose, del panta rei, sia quest’ultimo attribuibile o meno a Eraclito. Sicuramente l’acqua -anche cheta- logora i ponti, erode e consuma. L’altra proprietà dell’acqua -su cui forse la filosofia minori pagine ha speso- è quella di trattenere, specchiare e riflettere la luce. La Luce è l’altro elemento con una valenza simbolica ampiamente percorsa dalla trazione letteraria e filosofica, soprattutto in ambito religioso. In una dimensione più concreta, a partire dallo studio di Einstein sulla luce e sulle sue particelle, i fotoni, si è del resto sviluppata la fisica quantistica che ha portato con sè numerose innovazioni tecnologiche e che tuttavia costituisce per gli scienziati moderni un mondo ancora pressocchè sconosciuto.  

Non è dunque un caso che la raccolta si apra con alcune poesie –il nucleo originario dell’intera raccolta- che parlano del paesaggio estivo marino. Mare e Sole, Acqua e Luce. È chiaro dunque come la contemplazione del paesaggio si faccia meditazione pacata e disillusa sul rapporto fra la potenza generatrice delle forze di natura e la fragilità e precarietà della condizione umana. Paesaggio che dunque ispira la riflessione ma che è sempre visto come dominante e in qualche modo incombente sui destini dell’Uomo. 

Eppure nelle poesie della Seconda Parte emerge via via il tentativo illusorio e quasi eroico degli uomini di opporre resistenza all’inarrestabile potere erosivo del tempo. E l’Uomo cerca di farlo in vari modi: con la fede religiosa, la speranza di una vita ultraterrena e, soprattutto, con  l’edificazione di un paesaggio urbano a sua immagine e dimensione. Sembra paradossale, forse un peccato di ubris: l’uomo cerca il primato sulla natura? Il paesaggio umano erode quello naturale? Forse, semplicemente, l’uomo tenta di rimarcare la sua presenza, di addomesticare per se stesso l’esistenza, di lasciare il segno del suo passaggio attraverso i secoli. Nello stesso tempo quel tentativo potrebbe essere soltanto  un’azione autoconsolatoria.

Fra la prima e la seconda parte, come un Intermezzo (che vuole ispirarsi almeno formalmente a quello di “La bufera e altro” di E. Montale), vi sono tre brevissimi racconti che, fra le varie interpretazioni possibili, potrebbero alludere genericamente alla rappresentazione della Storia, della Verità e dell’Eternità. 

Nell’epilogo si torna a una dimensione individuale, più domestica e dimessa ma lo sguardo corre sempre verso l’alto, laddove tutto pare inspiegabilemente ricomporsi, dove la visione si fa più completa e totalizzante. Dove l’universo tocca confini difficilmente immaginabili e tuttavia  in costante espansione.  

Il pensiero di fondo della quadrilogia 

"L'eco dell'ultima corda"
"Sulla via del labirinto"
"Sulla lemniscata - L'ombra della Luce"
"Orfeo ed Euridice"

In questa sezione, prima di dare inizio alla presentazione delle singole raccolte poetiche, si procede a una doverosa riflessione sul “pensiero” di fondo da cui le poesie traggono la loro linfa cercando di tracciare una sorta di percorso necessario che collega fra di loro, come in una quadrilogia,  il primo libro "L'eco dell'ultima corda" (Lietocolle, 2008) con i seguenti "Sulla via del labirinto" (L’Arcolaio, 2010), "Sulla lemniscata - L'ombra della Luce" (La Vita Felice, 2017) e "Orfeo ed Euridice" (Puntoacapo Edizioni, 2018)

L’eco dell’ultima corda 

è una rilettura del mito di Orfeo e Euridice nello sforzo di porre l’accento su alcune problematiche. C’è ovviamente il tema dell’amore e della morte ma i testi cercano di evidenziare altri aspetti:
1- quello dell’amore come spinta, ovverosia come elemento propulsivo al superamento dei limiti imposti all’Uomo dalle leggi di Natura (e dalla sua stessa indole);
2- quello dell’ispirazione artistica (in questo caso poetica) intesa come scintilla divina o strumento con il quale attuare quell’elevazione spirituale e quel superamento dei limiti sopra accennati.
Il dramma, la tragedia si gioca tutto sulla “contraddizione”, sulla dicotomia, sull’affermazione del positivo attraverso il suo negativo, sul legame necessario fra gli opposti visti come le due facce della stessa medaglia.
Beninteso “L’eco dell’ultima corda” resta aderente al mito (nella seconda parte “Controcanto” in modo più esplicito) e fondamentalmente le poesie ivi contenute sono poesie d’amore ma in esse emerge un primo nucleo di coppie di elementi contrapposti, quali il concetto di perdita e di ritrovamento (e poi successivamente di ritrovamento e riperdita), di speranza e disperazione. Soprattutto emerge il concetto cardine della contraddittorietà della stessa condizione umana in cui convivono anima e corpo, divino e terreno, componente spirituale e componente materiale: Tale contraddittorietà culminerà poi con il fallimento dell’elevazione spirituale dell’individuo a causa degli istinti e delle passioni legate alla componente terrena (cioè: Orfeo ritrova Euridice, il suo tentativo sembra concludersi positivamente ma poi egli disattende i patti: si volta, sopraffatto dal timore e dal dubbio).
 

Sulla via del labirinto

In “Sulla via del labirinto” prima e in “Sulla lemniscata - L’ombra della luce” poi, l’individuo si pone di fronte alla realtà e, dunque, non è più isolato, chiuso in se stesso: inizia il confronto con l’altro da sé e tale confronto diviene un percorso di conoscenza.
Insomma il ragionamento viene spostato dal livello “ontologico” a quello “gnoseologico”.
“Sulla via del labirinto” evidenzia lo smarrimento individuale all’interno della realtà di tutti i giorni dove, in un bombardamento di notizie, in un groviglio di informazioni, idee, opinioni, decisioni, giochi della sorte, ecc. ecc. senza un aiuto esterno (auspicato, anelato; in cui a volte si spera e in cert’altre si dispera), è davvero difficile districarsi. 
Tale smarrimento di fronte alla vita di tutti i giorni, in un’epoca dominata dal relativismo, è una costante inevitabile e si sviluppa attraverso l’iterazione di alcune precise immagini
-l’immagine del labirinto con la sua simbologia;
-l’immagine della luna (la piccola luce che schiarisce la notte) come idea di salvezza che a volte sembra distante e irraggiungibile, altre volte invece apparentemente più vicina e perciò in grado di dare consolazione agli affanni.
-infine l’immagine femminile (anch’essa parte del mondo reale), una sorta di donna-angelo o musa ispiratrice che cerca di essere (o che si desidera che sia) un punto di riferimento ma con esiti incerti e opposti. 
 

Sulla lemniscata – l’ombra della luce

Il ragionamento viene sviluppato in modo più preciso in “Sulla lemniscata - l’ombra della luce”
i limiti imposti all’Uomo riguardano l’accessibilità alla Verità, alla chiave di lettura con cui interpretare ogni fatto o vicenda, di penetrare infine nel significato profondo dell’esistenza.
La Verità, che può essere manifestazione del divino oppure semplice principio ordinatore dell’universo, filtra nel mondo reale e arriva all’Uomo che istintivamente la percepisce come innegabile ma nascosta, camuffata, rifratta, smembrata, adulterata quasi che il contatto con la vita di ogni giorno la contaminasse irrimediabilmente.
Ecco dunque la colonna portante su cui si poggia tutto il ragionamento: l’Uomo quale soggetto del procedimento cognitivo, a causa dei suoi limiti (i limiti della ragione, del pensiero, oltre agli ulteriori limiti impostigli dalle pulsioni terrene, dagli istinti) non ha gli strumenti per comprendere la Verità e dunque la smarrisce e la percepisce come definitivamente corrotta. 
Analogamente, agli occhi dell’Uomo, la luce quando incontra gli oggetti, la materia, i corpi produce necessariamente chiaroscuri e ombre e può subire influenze o modificazioni in fenomeni di assorbimento, diffusione, riflessione, rifrazione o diffrazione; ovverosia nel mondo reale l’Uomo non ha mai una visione coerente e piena della luce. 
Tutti questi elementi costituiscono l’humus fertile in cui nascono e si sviluppano le poesie di “Sulla lemniscata” che spingono ulteriormente il discorso un passo più avanti.

Orfeo ed Euridice

Il percorso ideale cominciato con "L'eco dell'ultima corda" va infine a chiudersi con lo stesso mito di partenza: Orfeo Ed Euridice. Il libro "Orfeo ed Euridice" è forse il testo più sperimentale rispetto ai precedenti: innanzitutto si avvale di un procedimento di contaminazione a diversi livelli con il richiamo immediato alla struttura del teatro (soprattutto alla tragedia greca antica), con un'alternanza di stili relativamente al tono (solenne e piano) e alle forme metriche (aperte e chiuse), con l'utilizzo di dialoghi a più voci e monologhi, di testi poetici e testi in prosa; in secondo luogo, pur riprendendo i temi affrontati nelle raccolte precedenti (il discorso sull'amore, sull'ispirazione artistica, sul quotidiano come labirinto e sul problema essenziale della conoscenza) pone l'accento sull'alienazione prodotta dalla società  della "produzione" e del "consumo", aprendo la riflessione sullo sfondo dell'interrogativo che riguarda il ruolo (auspicato e/o reale) della poesia contemporanea nella modernità.

Breve introduzione a "Piccolo canzoniere privato"


Il percorso tracciato dalla quadrilogia sopra esposta inizia con L'eco dell'ultima corda (Lietocolle 2008), in cui il mito di Orfeo ed Euridice offre lo spunto per una riflessione sulla duplicità della condizione umana, fra spiritualità e materialità con l`arte e la poesia viste come strumento in grado di elevare l'individuo. Poi si arriva al momento dello smarrimento di fronte alla realtà, con le sue molteplici facce: ecco Sulla via del labirinto (L'arcolaio 2010). Infine quello smarrimento diviene un discorso più strettamente legato alla conoscenza, alla contrapposizione fra luce e ombra, alla ricerca della Verità in un'epoca dominata dal relativismo: Sulla lemniscata - L'ombra della luce (La Vita Felice, 2017). Il discorso successivamente prosegue e si chiude  con lo stesso mito da cui aveva preso avvio: "Orfeo ed Euridice"  (Puntoacapo 2018). 
"Piccolo canzoniere privato" rappresenta invece un momento distinto, qualcosa di più concreto e con accenti più spiccatamente autobiografici.   
La silloge si sviluppa intorno a tre nuclei tematici.  

L'apparente leggerezza di "Dispersioni" -fatta di situazioni, di paesaggi e oggetti comuni- lascia trasparire l'essenza dell’esperienza individuale, come dispersa fra passato, presente e futuro e recante in sé i crismi dell’universalità. Il senso della vita emerge come residuo (al negativo) del pensiero della morte, dell’assenza, della perdita nonché nel ricordo e nell’esperienza decisiva dell’amore, quasi come a seguito di un processo fisico di sublimazione della realtà fattuale e degli oggetti. 

Nelle poesie d'occasione di "Luoghi memorie e altri versi" -la cerniera fra la prima e la terza parte- la descrizione dei paesaggi dà voce a considerazioni di più ampio respiro e funge da viatico per la terza e più corposa parte, "Lampo di vita nascente", che affronta il tema della nascita, dell’attesa e della proiezione della coscienza individuale nell’alterità fino al suo necessario superamento. 

Hirosaki



Accovacciata sul mondo
covo l’atomica la sua esplosione.
Hiroshima Nagasaki,
millenovecentoquarantacinque:
il fungo. La storia.



*

Non partorirò dalla mia guaina
l’orribile flagellato dal nucleare:
il bicefalo, lo storpio, il focomelico.
Si introietterà nel mio ventre
il nebuloso fungo, nelle viscere
brucerò il mio male
in religioso silenzio.
 





Orfeo ed Euridice

da "Parte seconda - Euridice"

20. (…)

Che poi rigira in veloce discesa 

con un frusciare di foglie cadute

a intirizzite bordure l’inverno

 

e incide al ghiaccio del cielo il mattino

con mani svelte e rapaci il suo segno.  

 

Trafilerà da fessure la luce

con ritrovato vigore, sbalzando

da repentini rimandi di specchi

sui marciapiedi e sopra i lastricati.   

 

E giungeranno dai nidi altre voci

a conficcare spine nel tuo canto.

 

21. (…)

Poco più di un filo teso di luce,  

si disfa il tempo sul piano inclinato

questo chiarore sbocciato alla sera

a ricordarmi il tuo passo, il tuo nome.
 

Con fitta trama il suo mito si innalza

come aquilone in un giro di vento:

si apre il respiro e l’orizzonte è vago

presto per sempre tacerà il suo  volo.


Piccolo canzoniere privato

da "Lampo di vita nascente"

VIII.

Quando lo sguardo si affaccia sul mare

insegue lucide scaglie blu verdi,

dentro il moto ondeggiante, ora labile

ora invece impetuoso; e a te non basta

respirare quell’aria, confonderti

al suo ritmo divenuto vertigine.

 

Al primo respiro di vita sarai

ebbro della sua implacabile essenza:

giostra di luci, di voci, di volti

che trascinano via come fa l’onda

con l’identico mormorio del mare.



X.

Ogni sera l'idea di te consola

il dissolversi rapido del giorno

alla più intima luce della luna.

 

Al buio spesso i pensieri si fanno 

più chiari, nel lenzuolo di stanchezza

che mitiga l'irrequietezza umana;

 

e sarai tu stesso sotto la luna 

una sera come tante a pensare

-dentro il diviso orizzonte, fra le ombre-

questi miei stessi pensieri notturni 

 

sulla vita che nasce.



Sulla lemniscata - L'ombra della Luce

da "Sez. seconda -L'ombra della luce e altri inverni -Altri Inverni"

VII. Indugia il passo

Indugia il passo ed esita la voce

dentro il crogiolo di strade e parole.

Non so più dove il tuo sguardo arriva

prima di infrangersi contro uno specchio

in un eterno gioco di riflessi

e si smemora la pace dagli echi

delle nostre multiformi guerre.

 

da "Sez. Terza - Vapori e maschere" 


VII. Rischiara il cielo

Rischiara il cielo, le nuvole diradano

dove il cammino schiude strade sassose;

e il tuo passo silenzioso accelera

la corsa come su una coltre di piume.

Il nostro viaggio qui di compagnia,

qualche bicchiere, l’impronta del rossetto:

tutto allude alla foglia dell’autunno

vibrante al vento verso la discesa.

  

IX. Lo sguardo d’oggi

Lo sguardo d’oggi omologa, uniforma

tutto il diverso si è ridotto al simile.

Ma il fuoco sul fiammifero non è incendio

non brucia come lampo la corsia del tempo.

E questa mia parola svapora già nell’alba,

la senti addosso, mentre divide unisce,

limpida pioggia che circoscrive e bagna.

    

Sulla via del labirinto

Da "Luci e volti"


La favilla

 Sfarfalla sotto gli alari la favilla
 la stessa che candisce gli sguardi
 verso i vecchi camminamenti,
 i vecchi passi. La giostra non suona
 negli orecchi musica. Tu sollevi
 il lembo della gonna, il pizzo
 smerigliato della notte, angelo
 diavolo con la cetra o la forca.
 Custodisci in seno il segreto,
 a lui come il lattante tendono
 braccio bocca e cuore. 
 E le braccia sono rami già secchi
 e il cuore e la bocca a fare ceppi
 sotto gli alari, la favilla.


Il giorno della colomba
Nel suo breve brillar d’occhi
il crepuscolo disfa l’inganno 
dei nostri giorni, giorni limati
sulle mani curate e sugli smalti
giorni dalle portiere chiuse
ferme le vetture. 
 
Il tassì inchiodato al marciapiede 
cercava il giusto tragitto, scrutava
-la notte già volta alla sua fine-
nel lago d’occhi angelicati
(i tuoi?) quel lampo che caldo
cola la cera della maschera
 
lassù sul pinnacolo una colomba
intenta a covare il nido.



Il crepuscolo degli dèi

Lassù è il silenzio che allarga l’infinito
dove il passo si fa un punto, uno sbadiglio

e nulla più conta di questo crepuscolo

disceso al lume di chi non vede.

Gli dèi siano ovunque: nei bagliori

dei tetti, nelle teche degli ori …

 

Quaggiù il silenzio è il lenzuolo

che per miracolo ora li avvolge

come un sudario; e ci separi

da loro una rivelazione,

ci sorprenda sulla colonna più alta

un lieve senso del pudore.


L'eco dell'ultima corda

da "Canto - III Parte"

Il tendone del circo

M'allieta di parole il canto 

questo che in tralice come sguardo 

arrossato a notte il cielo accoglie. 

Il canto delle strigi in notti estive 

quando arrovesci la prospettiva 

al baldacchino del letto, al cuscino 

di piume. A soffocare un grido, un riso. 

 

E ancora il canto che alla mattina 

accompagna il girasole al perpetuo 

movimento, alla sua maledizione: 

Clizia non è pur mia ma d'altro cielo 

e ispirazione... 

 

Eppure sei tu qui, col viso sporco, 

tanto da confondere i sensi, 

da stordire oltre la luce, oltre il buio 

e il tuo canto è la lama sul ricordo. 

Il tuo canto di giostre e zingari 

che non vale quello delle strigi, 

che bene varrebbe un altro giro 

un altro amore sotto il tendone 

del circo... 

 

 
La statua

Come una gronda di schegge che 

cricchia sui vetri al di là delle tende 

è il giro di grandine. 

Il rovescio qui non conduce 

ad altra terra se non alla tua, 

selva che riesce dove l'acquitrino 

il cielo estivo rispecchia. 

E' il regno dei perduti sospiri, 

dei ricordi d'infanzia, di giorni 

trascorsi in climi più miti. 

Pochi di questi restarono vivi 

quando l'ondata sull'orlo travolse 

noi sullo strapiombo... 

 

Una folgore dall'ombra li svelse, 

l'impigliò nelle reti. Allo sguardo 

di Medusa divennero pietre. 

 

Anche tu fra di loro resisti 

come la statua di marmo 

al tiro delle intemperie.